Nuvole che sembrano montagne e montagne che disegnano profili duri di pietra se riesci ad alzare lo sguardo dal mare.
La roccia rossa che si staglia nell’azzurro del mare e del cielo, tutto é bellezza, vento, aria, libertà, profumo di quello che dall’altra parte del mare, nella mia amata Corsica, si chiama maquìs. Ma se tendi l’orecchio, puoi sentire ancora il respiro di chi ha passato metà della sua vita sotto terra, di chi il sole non lo vedeva mai, di chi scandiva le giornate con i colpi del piccone di una oscurità senza fine, nel ventre di questa roccia ferrosa.
Il giorno 4 settembre 1904 gli operai della miniera Malfidano di Buggerru si sollevarono in una protesta contro la riduzione dell’orario di riposo. La lotta sfocerà in tragedia con la morte di tre lavoratori per mano delle forze militari. L’indignazione generale per l’accaduto porterà alla proclamazione del primo sciopero nazionale della nostra storia.
La Laveria Lamarmora si affaccia sul mare maestosa e malinconica, e sembra ancora sussurrare i nomi di chi ha lasciato la propria vita nella rivolta operaia. Ripensarci é quasi assurdo nella bellezza abbagliante della Costa Verde.
Questo mio viaggio d’inverno in Sardegna é un susseguirsi di meraviglie, di Storia e Storie, di ritorni in luoghi molto amati e di scoperta di nuovi luoghi da amare, di desideri che si moltiplicano e si nutrono di sé stessi. Perché il senso del viaggio è anche questo, é scoprire e lasciarsi trascinare, é non programmare tutto ma solo un po’, il minimo indispensabile per non perdere troppo tempo in attese inutili, che qua significa soprattutto spostamenti da organizzare al millimetro (se perdi il bus tra Buggerru e Nebida devi aspettare la mattina successiva!) e che stancano molto di più di quella media di 30 km al giorno di cielo, mare, sole e roccia rossa.
E mi accorgo di aver programmato il rientro proprio per il solstizio d’inverno, il giorno più corto dell’anno, il momento di rinascita da cui si innescano quei processi che riporteranno alla primavera e al rifiorire della vita dopo il gelo invernale. Anche il libro che ho scelto per il viaggio di Capodanno parla di questo, di un rinnovamento, di una travagliata, lunga, difficile ma riuscita accettazione di un cambiamento.
Il frammento 182 di Saffo – ἰοίην, significa “Che io possa andare oltre!” – unica parola giunta fino a noi di un’intera smarrita poesia, rimasta sola per assumere su di sé tutto il carico delle altre parole perdute: è da sempre interpretata quale espressione di un travaglio interiore, come lo speranzoso desiderio del suo superamento; vicina all’aufhebung hegeliano, a quello stadio intermedio che toglie via e al contempo interiorizza e conserva per sollevarsi: nulla si cancella, le cicatrici restano, ma che io possa andare oltre, che possa farne sostanza e non solo peso, che possa farne una parte di me da accarezzare, da perdonare, da accogliere, come mi disse un amico in una sera di vento forte a Capraia a fine giugno.
Dunque: che io possa andare oltre me stessa, oltre schemi già precostituiti, determinati dalle categorie della mia mente, così come chi vede e vuole vivere la Sardegna come un paradiso di spiagge, ombrelloni e bikini possa vedere la sua anima di Storia e Natura da scoprire a piedi.
Librotrekking Campareconipiedi in Sardegna ad aprile 2024 a Cagliari e Costa Verde (già aperte le iscrizioni e gruppo formato) e ottobre 2024 La Maddalena (in preparazione)